lunedì 19 febbraio 2018

IL GATTOPARDO di Giuseppe Tomasi di Lampedusa


Don Fabrizio, principe di Salina, all'arrivo dei Garibaldini, sente inevitabile il declino e la rovina della sua classe. Approva il matrimonio del nipote Tancredi, senza più risorse economiche, con la figlia, che porta con sé una ricca dote, di Calogero Sedara, un astuto borghese. Don Fabrizio rifiuta però il seggio al Senato che gli viene offerto, ormai disincantato e pessimista sulla possibile sopravvivenza di una civiltà in decadenza e propone al suo posto proprio il borghese Calogero Sedara.

Commento a cura di


Rinviavo la lettura di questo classico da anni, un po' per timore di uno stile ormai datato (e non proprio nelle mie corde) e un po' perché ho voluto dare la precedenza ad altri classici della letteratura straniera. 
Finalmente - persuasa anche da un parere esterno - mi sono decisa ad intraprendere quest'avventura ambientata in una Sicilia ottocentesca.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, suddividendole in otto parti, ci racconta le circostanze che portarono al declino economico (ed anche sociale) di una nobile casata siciliana: quella dei Corbera il cui pater familias è Fabrizio Corbera, conosciuto anche come Principe di Salina. Ma i Garibaldini incombono sempre più e sono pronti a rivoluzionare secoli di predominanza sui suoi possedimenti e sugli abitanti. 
Si tratta di un romanzo denso e intenso: c'è un contesto storico ben delineato, sentimenti contrastanti quali supremazia e amore per la famiglia, il senso dell'onore e della fedeltà ed anche la spensieratezza di un amore immaturo; si nota l'astro nascente della giovinezza in contrapposizione al lento incedere della vecchiaia e del disfacimento. Sono rimasta affascinata da quest'atmosfera tanto baroccheggiante e fastosa quanto satura di disillusione e pessimismo.

        

E' lapalissiano l'orgoglio tipico del popolo siciliano che emerge da diversi elementi, primo fra tutti un intrinseco senso di appartenenza al proprio ruolo\status sociale ed anche una profonda repulsione per tutto ciò che concerne un rinnovamento atto a sradicare vecchie convinzioni e ad impiantarne di nuove. Una frase, tratta dal romanzo, che riassume il concetto di cui vi parlo sopra è la seguente:

«i Siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti: la loro vanità è più forte della loro miseria».

Il Gattopardo, principalmente figura araldica presente nello stemma dei Salina, assume una connotazione allegorica può essere ricollegato, infatti, con la figura del Principe che diventa la concreta rappresentazione di questo felino cercando di arraffare quanto più possibile tra le sue grinfie e, contemporaneamente, ostentare un senso di autorevolezza combinato ad un atteggiamento tronfio e borioso per la sua appartenenza all'élite aristocratica. La penna del Tomasi è impregnata di malinconica ironia e sagacia, il linguaggio ridondante e i molteplici momenti di riflessioni sono sinonimo di una lettura non immediata né dal ritmo sostenuto, ciò nonostante l'espediente stilistico del narratore onnisciente ci permette di conoscere in maniera più approfondita i personaggi che si avvicendano di pagina in pagina e mantiene vivo il nostro coinvolgimento.
Egli dipinge un quadro spaventosamente realistico e cinico della realtà dell'epoca - per certi versi ancora attuale - ci si trova davanti ad una comunità disincantata e assoggettata, a malincuore, all'ascesa della borghesia che ineluttabilmente sovvertirà gli equilibri a cui sono abituati.

Giudizio:
Un assaggio dal libro:

"Tutto questo non dovrebbe poter durare; però durerà, sempre...e dopo sarà diverso, ma peggiore. Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti, Gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra."

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