sabato 16 dicembre 2017

Il mar delle blatte e altre storie - Tommaso Landolfi


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COMMENTO DI


"Non so più quanto tempo sia che ogni notte, ogni mattina dopo i più interessanti bagordi, mi domando in definitiva: e poi? E poi? Badate bene, non voglio dire affatto che ho ottenuto tutto quanto desideravo e che ora, stanco di queste gioie e di queste avventure, esse non mi bastano più. No, la cosa è più complicata: non ho avuto niente affatto di ciò che volevo."



Se non fosse per la casa editrice Adelphi, la quale ha avuto il merito di riportare un po' in auge l'autore e relative opere, il nome di Landolfi sarebbe rimasto tristemente relegato al dimenticatoio.
Trattare questa raccolta di racconti non è impresa facile né per la prosa adottata - un italiano tanto ricercato quanto malleabile a seconda dei contesti - né per la diversificazione dei contenuti toccati.

L'amore ingenuo e passionale abbraccia quello carnale e poco disinteressato ne "Il mar delle blatte": le ossessioni e pulsioni più viscerali vengono letteralmente trasfigurate in incubi a occhi aperti e ambienti così surreali e stranianti da destabilizzare le certezze del lettore.

Il senso di disagio interiore, nelle sue molteplici sfaccettature, trova le sue più efficaci rappresentazioni in tre racconti: l'inadeguatezza nel proprio microcosmo viene raccontata con malcelato divertimento ne "Il sogno dell'impiegato", in cui ci accorgiamo che ognuno di noi, in fondo, nutre gli stessi semplici sogni per evadere dalla realtà e sopravvivere; anche "Ragazze di provincia" rielabora gli stessi turbamenti, ma questa volta con un'ambigua e desolante ridiscesa negli anfratti nel passato; "Asfu", infine, narra con spenta desolazione le aspettative disattese nonché la necessità di ripartire senza pressioni esterne né il peso psicologico del rendere conto a qualcuno del proprio vissuto.

E se alcuni racconti - "Dente di cera" o "La tempesta" - vivono di un'assurdità intrinseca così profonda da costringere alla rilettura, senza esser nemmeno certi di aver imboccato il corretto percorso interpretativo, l'autore riconcilia definitivamente il lettore con "Favola", struggente omaggio alla vita che non preclude l'amore per la scoperta e sconfigge l'incombenza della morte con la consapevolezza di un'eredità per chiunque verrà dopo di noi.




"Certo anche a voi sarà dato percorrere, quando sarete più grandi, questo mondo, che non è degno delle nostre lacrime; possa il cielo esservi ovunque benigno e il vento carezzevole come fu a me in quel paese lontano, in quel tempo lontano. Siate felici, miei cari figliuoli."








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